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  • Studio Legale Cappello

La vexata quaestio del diritto alla remunerazione dei medici specializzandi tra il 1983 ed il 2006

Nel corso degli ultimi 15 anni sono stati migliaia i medici, specializzandi tra il 1983 e il 2006, i quali si sono rivolti ai Tribunali italiani al fine di vedere riconosciuto il legittimo diritto alla remunerazione per l’attività prestata durante il periodo di specializzazione, remunerazione che lo Stato corrisponde però agli specializzandi solo a partire dall’anno 2006/2007.



Dopo anni in cui si sono alternati orientamenti giurisprudenziali contrastanti, la questione è stata risolta dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, con sentenza del 24 gennaio 2018, aveva finalmente riconosciuto ai medici il diritto ad una equa remunerazione per ogni anno di specializzazione.


La sentenza del Corte di Giustizia ha dato l’avvio a un nuovo orientamento della giurisprudenza interna che sembra, finalmente, aver posto termine ad una annosa battaglia che ha occupato le aule dei Tribunali per ben 15 anni.


Che sia la fine della vexata quaestio del diritto alla remunerazione dei medici specializzandi tra il 1983 ed il 2006?


Le prime sentenze rese a seguito delle azioni proposte dai medici specializzati 1983/2006, avevano accolto le ragioni dei medici, che sono riusciti anche a conseguire quanto loro riconosciuto.

Un successivo mutamento dell’orientamento giurisprudenziale aveva, però, portato al rigetto delle ulteriori richieste dei medici specializzandi 1983/2006 che sono stati costretti ad appellare le sentenze, fino a ricorrere alla Suprema Corte di Cassazione. Anche il Giudice di legittimità, però, aveva negato ogni indennizzo ai medici sostenendo, in particolare, la prescrizione del diritto dei ricorrenti e, comunque, il corretto operato dello Stato italiano che, nonostante le numerose direttive europee in materia, non era tenuto a riconoscere alcuna remunerazione ai medici per gli anni di specializzazione.


Tenuto conto della disparità di trattamento rispetto ai medici specializzandi dal 2007 e con gli omologhi medici degli altri Paesi europei che hanno percepito le somme loro dovute, i nostri medici specializzandi sono stati costretti a ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, con sentenza del 24 gennaio 2018, ha finalmente riconosciuto ai medici il diritto ad una equa remunerazione per ogni anno di specializzazione.


A seguito della pronuncia, sia la Corte di Cassazione che alcuni Tribunali di merito, hanno iniziato ad uniformarsi all’orientamento espresso dalla CGUE. Tra questi, si segnala il Tribunale di Genova che, con la recente sentenza n. 353/2020, ha affermato che la prescrizione del diritto alla remunerazione dei medici specializzandi non è mai iniziata a decorrere per mancanza di una norma attuativa per i medici che si sono iscritti alla scuola di specializzazione prima del 1991, riconoscendo agli stessi il diritto ad una equa remunerazione con applicazione di interessi e rivalutazione monetaria.


Per comprendere appieno quali siano le problematiche da cui è scaturita l’intera questione, è necessario ripercorrere le normative europee e nazionali che sottendono alla questione in esame.

In materia di formazione dei medici specialisti e di corsi per il conseguimento dei relativi diplomi, le direttive europee nn. 75/362/CEE. 75/363/CEE, 82/76/CEE avevano prescritto a tutti gli Stati membri le condizioni e le modalità di svolgimento dei vari corsi di specializzazione, prevedendo che le attività di formazione, sia a tempo pieno che a tempo ridotto, dovessero formare oggetto di “adeguata remunerazione”.


L’attuazione delle predette direttive, in Italia, era avvenuta, in ritardo di dieci anni, con il D.Lgs. n. 257/1991. L’articolo 6, comma 1 del predetto Decreto Legislativo prevedeva, in favore degli specializzandi, un trattamento economico non retributivo di Lire 21.500.000,00 annui, da incrementarsi al tasso annuale di inflazione e da rideterminarsi ogni triennio con decreto ministeriale.


Tale norma rimaneva, però, inapplicata nella parte in cui prevedeva la rivalutazione, sino all’anno 2007, per effetto delle leggi n. 549/95 e n. 289/2002.

Nelle more, interveniva la Direttiva93/16/CEE, sostitutiva delle precedenti, che, a livello nazionale, veniva attuata con ben sette anni di ritardo, attraverso il D. Lgs. 17 agosto 1999 n. 368,che recepiva la predetta direttiva e abrogavail precedente D. Lgs. 257/1991.


In particolare, nel disciplinare l’aspetto economico, il D.Lgs.368/1999 prevedeva che, all’atto dell’iscrizione alle scuole di specializzazione, fosse stipulato uno specifico contratto annuale di formazione-lavoro e che al medico in formazione specialistica dovesse essere corrisposto, per tutta la durata legale del corso, un trattamento economico annuo, omnicomprensivo, a scadenze mensili, determinato ogni tre anni con decreto ministeriale. Gli articoli 39 e 41 della norma in commento, in aderenza a quanto previsto dalla direttiva 93/16/CEE, prevedevano che la remunerazione mensile doveva essere pari al 75% della contribuzione corrisposta al settore sanitario ordinario.

L’art. 46 del citato D.Lgs. 368/1999 prevedeva, inoltre, che le disposizioni di cui ai citati articoli 39 e 41, dovessero applicarsi a partire dall’entrata in vigore del provvedimento legislativo di autorizzazione delle risorse economiche e che, fino a tale entrata in vigore, doveva continuare ad applicarsi l’art. 6 del precedente D.Lgs. n. 257/1991. La disposizione dell’articolo 46 del D.Lgs. 368/1999 veniva, però, modificata dall’art. 8 del successivo D.Lgs. n. 517/1999 che, di fatto, sospendeva l’applicazione degli articoli dal 37 al 42 del precedente D.Lgs. n. 368/1999 e, quindi, le disposizioni in tema di contratto di formazione-lavoro che, frattanto, erano entrate in vigore.

Ulteriori modifiche intervenivano per effetto dell’articolo 1, comma 300, della legge n. 266/2005, secondo cui le disposizioni di cui agli articoli dal 37 al 42 dovevano applicarsi solo a partire dall’anno accademico 2006-2007.


Da ultima, interveniva la Direttiva 05/36/CEE (abrogativa della precedente Direttiva 93/16/CEE) secondo la quale la formazione dei medici specializzandi doveva avvenire a tempo pieno, per l’intera settimana di lavoro e per tutto l’anno, e doveva essere adeguatamente retribuita. Tale Direttiva veniva recepita, a livello nazionale, con la legge comunitaria 2006 (legge n. 13 del 2007) e, quindi, il D. Lgs. n. 206/2007.

Lo Stato italiano, dunque, ha tenuto, per un lungo arco di tempo, un comportamento palesemente ed oggettivamente illegittimo sia nel recepire tardivamente le citate direttive comunitarie, sia nel non attuare, di fatto, il riconoscimento economico all’attività dei medici specializzandi (di derivazione comunitaria), solo formalmente enunciato nella normativa interna e concretamente applicato dallo Stato italiano soltanto a partire dall’anno accademico 2005-2006.

Orbene, come già anticipato, sulla questione è intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Ottava Sezione, del 24 gennaio 2018 (resa nell’ambito delle cause riunite C‑616/16 e C‑617/16) la quale ha ribaltato completamente l’orientamento giurisprudenziale interno che negava ogni riconoscimento economico ai medici specializzandi.

La Corte di Giustizia Europea, cui si era rivolta l’Ecc.ma Corte di Cassazione al fine di fare chiarezza ermeneutica sulle direttive europee nn. 75/362/CEE. 75/363/CEE, ed in particolare sulla direttiva 82/76/CEE, ha affermato che:

a) la direttiva 75/363 deve essere interpretata nel senso che qualsiasi formazione, a tempo pieno o a tempo ridotto, come medico specialista, iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata;

b) l’obbligo di remunerazione deve essere agganciato temporalmente alla direttiva, a prescindere dal suo recepimento nell’ordinamento interno. Ne discende che in Italia, seppur priva, per quasi un decennio, della disciplina di recepimento, la quantificazione della remunerazione agli specializzandi deve essere effettuata dal giudice mediante l'interpretazione delle ulteriori norme nazionali. Se ciò non fosse praticabile, l’omesso recepimento della direttiva dovrà essere considerato quale inadempimento dello Stato, con la conseguenza che lo stesso dovrà risarcire i singoli danneggiati.


La Corte Europea precisa, inoltre, che il risarcimento dovrà essere almeno pari alla remunerazione prevista dalla successiva normativa di trasposizione della direttiva.

E’ stato, dunque, riconosciuto il diritto dei medici specializzandi tra il 1983 e il 2006 (dal 2007 è stata recepita la normativa europea) ad un equo ristoro!!

Come detto, la giurisprudenza italiana si sta uniformando alla predetta sentenza europea. Le recentissime sentenze n. 5509/2019 della Corte di Cassazione e n. 353/2020 del Tribunale di Genova ne sono un esempio.

La soluzione ad una palese ingiustizia nel trattamento remunerativo dei medici specializzati 1983/2006 è, quindi, arrivata dalla giurisprudenza.


La speranza, ora, è in un intervento a livello politico che possa accelerare i tempi di riscossione delle somme dovute ai medici, senza attendere le lungaggini processuali. Per anni, sono stati numerosi i disegni di legge per il riconoscimento del diritto ad una equa remunerazione ai medici specializzandi che non si sono mai tradotti in norme, facendo perdurare lo stato di incertezza ed ingiustizia per migliaia di medici, vittime della lentezza del procedimento legislativo.

In un periodo delicato come quello che stiamo ancora vivendo, nel quale è stata, ancora una volta, riconosciuta l’importanza dell’intero comparto medico, il Governo, anche alla luce dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia, ha il dovere di riconoscere il buon diritto dei medici specializzandi 1983/2006 ad una equa remunerazione, in ragione degli effettivi anni di specializzazione per ogni singolo medico, evitando così ulteriori conflitti che adesso si stanno traducendo in una ingiusta perdita di tempo e in un aggravio di spese, anche legali, a carico dello Stato.


In ogni caso, a prescindere da un intervento politico risolutivo, il recepimento della sentenza della Corte di Giustizia, da parte dei Tribunali italiani, rappresenta un tassello fondamentale per porre termine ad un ingiusto differenziamento nel trattamento retributivo di tanti medici specializzati che, da oltre15 anni, domandano giustizia.

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